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Un pensiero nell’ultimo mese dell’anno

Un pensiero nell’ultimo mese dell’anno

Siamo nell’ultimo mese dell’anno. In Giappone il dicembre si chiama anche “Sciwasu” che si scrive in caratteri cinesi con i significati “corrono anche i maestri”. Cioè un mese molto impegnativo per tutti fino ai maestri.
E’ un mese che fa sempre più freddo con la venuta dell’inverno. Contiamo spesso numero dei giorni che mancano fino al nuovo anno. Come tutti gli anni mi sembra che abbia tantissime cose da fare entro fine dell’anno e mi sento agitata come se fossi occupata con molte cose.

Poi, appena entra nel primo giorno dell’anno un corso del tempo cambia completamente rispetto all’ultimo giorno dell’anno passato che solo un giorno prima.
Sento i tiepidi raggi del sole primaverile e mi viene un pensiero ricco con una
speranza avendo un anno intero in mano e formo un programma sull’attività.
Perché sento un’aria così diversa? Perché è proprio primo giorno dell’anno e andiamo anche verso la primavera?

Un’abitudine e un’impressione fissa sono pericolose e d’altra parte alle volte sono da sorridere.
Probabilmente da quando ero piccola l’ultimo giorno dell’anno ed il capo d’anno furono presi come ” i giorni speciali” e tante cose che fecero in quei giorni rimasero come un’abitudine sia nel corpo che in mente. Li ci sono dei ricordi incancellabili dei giorni passati e li sento in tutti i cinque sensi vividamente con un po’ di amarezza. Ogni anno quando viene il tale periodo se ne riflettano fisicamente anche mentalmente.

Contro il COVID dall’anno scorso nel giorno del lavoro in l’università mi alzo alle cinque del mattino per arrivare prima dell’ora di punta.
Ma mi è venuto un problema. Non posso dormire bene la notte precedente. Col tempo questa insonnia che solo una volta alla settimana diventa una lotta. Nonostante che alzarmi la mattina presto non sia una cosa difficile, all’inizio dormivo non più di quattro ore e poi dopo è diventato tre ore, poi due ore, un’ora, poi mezz’ora.  Alla fine non potevo più dormire proprio niente. La lotta era sempre più grave e ogni settimana mi alzavo stanchissima. Nel letto cercavo più possibile di calmare i nervi che erano sempre più nervosi. Cercavo di essere “nulla”. Ma tutto era inutile. Così è passato un anno.
Mi rendo profondamente conto la mia debolezza della mia fissazione sbagliata e della reazione del fisico che non potevo controllare. Pensavo che la capacità umana sia cosi minima.

Alla fine mi sono sfinita. Sono persa la lotta. Ho preso una ricetta dal medico un leggero sonnifero.
L’effetto del farmaco era enorme e mi sono salvata. Di nuovo ho visto una figura minima in me stessa.

Grazie al farmaco sono riuscita di lasciare un’abitudine terribile e d’altra parte mi vergogno di me stessa che sta pensando di essere in pace come un’abitudine del passato quando verrà il capo d’anno.